sabato 9 maggio 2009

Se ne sentiva il bisogno

Un posto sui tram milanesi riservato al signor Brambilla? "Era una battuta, una provocazione", ha detto oggi Berlusconi.
Un posto al ministero del Turismo riservato alla signora Brambilla? Sembrava proprio una battuta, una provocazione.

giovedì 19 marzo 2009

Berlusconi: "Agli italiani abbiamo dato soldi veri"

Dopo l'esperimento sfortunato della social card, il governo ha varato procedure semplificate. Per ritirare il denaro sarà sufficiente passare dal via.

sabato 12 gennaio 2008

I giudici milanesi: "Siamo inutili"

«Il 70% dei processi riguarda "fantasmi" o reati coperti da indulto»

«Noi giudici del dibattimento? Lavoratori socialmente inutili. Ci sentiamo come i lavoratori americani degli anni Trenta, quando la logica economica del New Deal creava occupazione solo per consentire di percepire lo stipendio da spendere per far ripartire l'economia depressa: oggi pm, avvocati e giudici percepiscono lo stipendio (tutti dallo Stato) per fornire una giustizia penale del tutto inutile». In vista dell'inaugurazione dell'anno giudiziario a fine mese, a levarsi dalle toghe di Milano non è più neanche una protesta, ma «uno stato d'animo: di inutilità». Descritto da una lettera attorno alla quale in questi giorni sta coagulandosi l'umore dei 70 giudici dell'ufficio del dibattimento. Ciascuno di loro, «nonostante le limitazioni alla trattazione delle udienze e le condizioni "preistoriche" in cui lavoriamo», nel 2007 ha «deciso 200 processi monocratici, quasi 14.000 processi». Solo che, rimarca la sconfortata riflessione maturata da giudici delle varie sezioni del Tribunale, «per un buon 30% di processi si tratta di assolvere o condannare delle impronte digitali: stranieri mai identificati, che anni fa fornirono alla polizia un nome, ma che sono rimasti "fantasmi"».

Poi ci sono gli imputati «identificati ma irreperibili», ignari di giudizi in contumacia che peraltro la Corte Europea ritiene contrari al «giusto processo». Ma il senso di inutilità «si aggrava se si considera l'altro 40% di processi che, pur contro imputati identificati e avvisati, riguardano reati per i quali il destino è o la prescrizione o l'indulto in caso di condanna ». Capolinea anche di molti gravi reati di competenza invece collegiale, «che impegnano ogni giudice per 8/10 udienze al mese, circa 100 giorni l'anno, in media dalle 9 alle 17», per definire nel complesso «in un anno circa 750 processi, una media di 30 per ogni collegio ».

Processi nei quali, dal maggio 2006 dell'indulto, «facce più rilassate accolgono una condanna ad una pena rilevante con buona indifferenza, perché tanto non porterà mai alla carcerazione. L'unico servizio che provoca condanne e carcere » è «la bolgia dantesca» del «turno delle direttissime: una trentina di arresti al giorno per reati bagatellari, commessi quasi solo da stranieri irregolari che determinano condanne tra i 3 e i 12 mesi», le uniche «tutte rigorosamente espiate». Sia chiaro, spiegano i giudici, «non vogliamo carcere per tutti, né siamo stati tutti contrari alle ragioni dell'indulto». Ma «un sistema repressivo che non reprime», esemplifica il giudice Ilio Manucci Pacini, «è una fabbrica che non produce, è un ufficio che non rende un servizio che gira a vuoto». Con «lo Stato che paga magistrati, amministrativi, strutture, interpreti, difensori d'ufficio, notifiche: tutto per sentenze il cui senso ci sfugge». Sottile, affiora qui anche una insofferenza per l'enfasi posta dal dibattito pubblico quasi solo sui processi sotto i riflettori: «Molti di noi non sono mai andati sui giornali e non ci tengono, non si tratta di desiderio di notorietà. Vorremmo invece che nel dibattito sulle sorti della giustizia si considerassero non solo i processi importanti, ma il funzionamento della macchina nel suo complesso, e le cause delle disfunzioni».

Luigi Ferrarella, Corr.12/1/2008

mercoledì 9 gennaio 2008

Il pm del processo Moggi indagato nell'inchiesta di De Magistris

Non decolla il processo alla Gea. Ci prova, alle 9.30 in punto, ma lo zelo di magistrati e avvocati naufraga contro un ostacolo imprevisto: un black out che dura fin quasi alle 11, quanto basta per scoraggiare i presenti e far rinviare l' udienza a oggi. La conseguenza è che il dibattimento, già slittato in un' altra occasione, non inizierà neppure questa mattina. C' è un nuovo giudice a latere e, in base al codice, i difensori possono pretendere che si ricominci daccapo. Verranno così riproposte le eccezioni già presentate nelle due udienze di giugno.
L' improvvisa interruzione dell' elettricità non è l' unica sorpresa di ieri. Lo è anche il nome del magistrato fresco di nomina: Felicia Genovese, ex pm antimafia di Potenza, indagata per associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari e abuso d' ufficio nell' ambito dell' inchiesta Toghe lucane» del pm Luigi De Magistris. La Genovese, secondo il collega che l' accusa, fa parte di un «comitato d' affari» che tiene in pugno la Basilicata. Finanziamenti europei, credito bancario, carriere di medici, processi penali e fallimentari da pilotare sarebbero i «settori» gestiti da una «cupola» di magistrati, politici di destra e sinistra, uomini delle forze dell' ordine. Sullo sfondo, anche il delitto della sedicenne Elisa Claps, scomparsa nel ' 93 e mai ritrovata: secondo un pentito, nell' omicidio è coinvolto il marito della Genovese, Michele Cannizzaro, direttore generale dell' ospedale San Carlo di Potenza. L' accusa però non è mai stata provata. Prima che scoppiasse la bufera, An voleva candidare l' ex pm alla commissione parlamentare Antimafia. Una volta esploso lo scandalo, il magistrato ha tentato di diventare consigliere di Corte d' appello a Reggio Calabria. Il Csm invece ha optato per il trasferimento a Roma, dove ieri la Genovese è apparsa per la prima volta in aula al posto di Vincenzo Capozza, spostato al Tribunale del riesame. Quando è scattato il black out, accanto al presidente della decima sezione, Luigi Fiasconaro, e all' altro giudice a latere, Alba Fiordalisi, c' era dunque anche la nuova collega. Di fronte, il pm Luca Palamara e gli avvocati, tutti in attesa che l' elettricità tornasse. Al buio non solo l' aula era gelida, ma non funzionavano i microfoni e i registratori. «Chiamate Moggi e ditegli di far tornare la luce», ha gridato una voce anonima. L' ex d.g. della Juventus Luciano Moggi, il figlio Alessandro e Davide Lippi, figlio dell' ex c.t. della nazionale, sono tra gli imputati principali del ramo romano di Calciopoli, i cui testimoni ormai cominceranno a sfilare non prima del 29 gennaio. Qualcuno, irritato per il nuovo rinvio, scherzando ma non troppo ha commentato: «Una manina ha fatto saltare il processo».

Di Gianvito Lavinia, Corr. 8/1/08

sabato 22 dicembre 2007

Il Paese dove i potenti vanno in galera

di A. Stille, Rep. 21/12/07

La condanna a 23 mesi di carcere inflitta negli Usa a Michael Vick, uno dei massimi campioni di football americano, per aver organizzato combattimenti illegali tra cani è dimostrazione di un`importante realtà della giustizia americana: i potenti vanno in galera. Si può discutere sul caso specifico, cioè se sia giusta o meno una condanna a due annidi carcere per maltrattamenti ad animali, e il sistemagiudiziario americano che attualmente tiene dietro le sbarre quasi 2,25 milioni di persone è ampiamente criticabile, ma possiede alcune virtù che altri paesi, e l`Italia in particolare, farebbero bene a tener presenti: la giustizia è rapida e si infliggono pene severe ai ricchi e ai potenti. Ecco qualche esempio recente.

Il governatore del Connecticut John Rowland, potente repubblicano di profilo nazionale, fu costretto alle dimissioni nel 2004 per aver accettato che una ditta eseguisse gratuitamente lavori di ristrutturazione nella sua casa di vacanza. Nel marzo 2005, imputato di corruzione, fu condannato ad un anno e un giorno di carcere. Entrò in cella due settimane dopo e scontò nove mesi.

Il governatore dell`Illinois, George Ryan, anch`egli potente repubblicano, fu costretto a lasciare l`incarico e finì in tribunale alla fine del 2005 per degli appalti concessi a persone amiche ottenendo in cambio doni e vacanze pagate. Condannato nell`aprile 2006, ha iniziato a scontare la pena di sei anni e mezzo di detenzione nel novembre 2007, esauriti i gradi di giudizio. Jeffrey Skilling, amministratore delegato della Enron, la società energetica texanache fu trai maggiori finanziatori della campagna elettorale del presidente George Bush, ha iniziato a scontare lo scorso anno una condanna a 24 anni di prigione.

Skilling, oggi cinquantaquattrenne, potrebbe quindi passare il resto della vita in carcere per il ruolo avuto nella gestione truffaldina della Enron. L`ex direttore finanziario della società è stato condannato a sei anni nonostante le riduzioni di pena ottenute grazie alla sua testimonianza al processo.

Randall Cunningham, congressman repubblicano sessantaquattrenne, è stato condannato a otto anni e quattro mesi per tangenti ed evasione fiscale.

Ha iniziato a scontare la pena entro un anno dalle sue dimissioni dal Congresso. Toni Delay, potentissimo capogruppo repubblicano alla Camera, è stato costretto alle dimissioni per uno scandalo di fondi neri. Secondo l`accusa avrebbe fatto uso illegittimo di fondi elettorali in Texas. Benché finora non sia stato condannato per alcun reato, la dirigenza repubblicana lo ha invitato a lasciare il seggio in parlamento fino alla conclusione dell`iter giudiziario.

Tutti questi casi sono di utile insegnamento. Dimostrano che violare la fiducia pubblica è una cosa seria. La magistratura è stata rapida e inflessibile, nonostante il notevole peso politico degli imputati. Tutti appartengono al partito al potere e questo significa che né George Bush né il congresso repubblicano sono intervenuti o avevano il potere di impedire che la giustizia facesse il suo corso. Non voglio dire con questo che la corruzione è endemica nel partito repubblicano.

In realtà negli anni `90, quando era presidente Bill Clinton, un`ondata di casi simili coinvolse i democratici, proprio perché la gestione del potere crea maggiori occasioni di corruzione.

Ma in entrambi i casi, i pubblici ministeri federali competenti, pur dipendendo da funzionari a nomina politica, hanno considerato loro dovere mandare in prigione i trasgressori, compagni di partito inclusi.

Alcuni imputati hanno cercato di dipingersi come vittime della stampa o dei pubblici ministeri locali di diverso orientamento politico, ma una volta emerse le prove inequivocabili dei reati commessi, sono stati abbandonati dai compagni di partito. Nel sistema americano i pubblici ministeri sono più apertamente politicizzati rispetto all`Italia. I reati federali rientrano nella competenza dei procuratori degli Stati Uniti, designati dall`esecutivo a Washington. I reati locali sono di competenza dei procuratori distrettuali, funzionari eletti, di orientamento partitico dichiarato.I fini politici possono essere contestabili a livello individuale, ma ciò che conta sono i fatti. Se un pubblico ministero produce prove certe di un illecito, nessuno, neppure i più stretti alleati politici dell`imputato, può permettersi di ignorarle, indipendentemente dalla fonte da cui provengono.

Quando il governatore del Connecticut Rowland, in generale molto stimato, fu costretto ad ammettere di aver beneficiato gratuitamente di costosi interventi di ristrutturazione della sua casa sul lago, undici dei quindici membri repubblicani del Senato del Connecticut hanno chiesto le sue dimissioni. «Ha perso la fiducia della gente», così Christopher Shays, membro del Senato del Connecticut, spiega il motivo per cui Rowland, suo intimo amico e alleato, ha dovuto lasciare l`incarico, pur avendo in seguito regolarmente saldato i lavori eseguiti nella sua proprietà.

Al di là del generale consenso politico esistente negli Usa sul fatto che l`illegalità, in qualunque ambito, è inaccettabile, anche l`atteggiamento degliimputati qui in America è diverso. Il governatore Rowland, inizialmente si è scagliato contro i suoi accusatori, ma alla fine si è espresso sulla sua vicenda giudiziaria in termini che indicano consapevolezza delle proprie colpe. Scarcerato, Rowland ha ammesso di essersi fatto prendere la mano dall`arroganza del potere.

«Nella mia carriera di politico ho incontrato moltissime persone pronte a incensarti quando sei in posizione di potere. Finisci per credere a quello che dicono i comunicati stampa del tuo ufficio, ti senti al centro di tutto, e inizi a rimuovere il resto». La differenza con l`Italia è, in tutta franchezza, molto forte. In Italia gli imputati finiscono in cella, talvolta a torto, prima di essere condannati per un qualsiasi reato, ma in pratica non vanno mai in prigione dopo la condanna, per lo meno se sono ricchi e potenti.

Le cause si trascinano per annie le condanne non comportano conseguenze fino all`esaurimento di tutti i gradi di giudizio, un iter che richiede spesso più di un decennio. Se gli imputati siedono in Parlamento vi restano fino all`ultimissimo momento senza ricevere alcun invito a dimettersi.

Anche dopo una condannale conseguenze sono minime, ammorbidite da leggi ad personam o da amnistie, così che il "potente di turno" al massimo trascorre qualche mese agli arresti domiciliari nella lussuosa dimora acquistata con i frutti del suo operato corrotto.

E nonostante le condanne, montagne di prove e sentenze mitissime, nelle interviste questi signori si dipingono come vittime innocenti e si scagliano contro chi ha osato svelare le loro malefatte.

La cosa forse peggiore è che in Italia gli elementi oggettivi paiono contare pochissimo rispetto alle fonti che li producono. Così come nell`attuale caso Rai-BerlusconiSaccà-nessuno contesta la veridicità delle intercettazioni telefoniche del dirigente Rai Agostino Saccà e quasi nessuno parla del quadro agghiacciante del- la gestione di potere in Italia ma vengono respinte perché vengono dalla cosiddetta "armata rossa della magistratura" e perché sono state pubblicate da Repubblica.

Forse l`aspetto più importante della realtà americana, portata qui ad esempio, è che negli Usa esistono delle istituzioni, come i tribunali e la stampa, che, indipendentemente dal colore politico, operano in autonomia, producendo elementi oggettivi da tenere necessariamente in considerazione, nel bene e nel male. A ragione o a torto, quando un sito web conservatore pubblicò le prove della relazione del Presidente Clinton con Monica Lewinsky, immediatamente perse importanza la fonte della rivelazione, importante era stabilirne l`autenticità. Lo stesso accadde quando un altro sito pubblicò le prove che Rudolph Giuliani aveva messo la sua amante, diventata poi sua moglie, sotto la protezione della polizia a spese dei contribuenti.

Quando la veridicità dell`informazione fu confermata, Giuliani fu costretto a scusarsi e a fornire spiegazioni.

Può essere legittimo rifiutarsi di adottare il moralismo americano, ma il rispetto della legalità, la rapidità dei procedimenti giudiziarie il principio di comminare ai potenti pene severe come mezzo per scoraggiare l`abuso di potere, sono realtà che è bene tenere in considerazione.

Traduzione di Emilia Benghi [.]

giovedì 13 dicembre 2007

La Scala condannata per morte da amianto di un dipendente

La Scala dovra' versare oltre 200mila euro a Francesca Boaretto, vedova di Enzo, il 56enne addetto al sipario del teatro, morto a causa delle inalazioni di amianto dovute allo scuotimento della 'pattona', il sipario antiacustico e antincendio, tolto con la ristrutturazione dell'edificio avvenuta negli anni scorsi. Mantovani ha lavorato alle dipendenze della Scala dal 1971 al 1997 come meccanico ed elettricista di palcoscenico e il suo compito era alzare e abbassare, sia durante le prove che negli spettacoli, quel sipario alto 12 metri e largo 17, costituito da due teli di amianto. Una manovra che causava la dispersione di polveri e fibre che hanno provocato nel 1999 l'insorgere della tipica patologia dovuta a esposizione da amianto, il mesotelioma pleurico, e poi la sua morte, il 21 agosto 2000. Due anni dopo, gli avvocati della sua famiglia, Alessandro e Aldo Garlatti, hanno presentato un esposto al Tribunale del Lavoro, chiedendo che venisse accertata la responsabilita' civile del teatro.
Quest'ultimo si e' difeso chiedendo di estendere il contraddittorio del processo alla Pirelli, presso la quale Mantovani aveva lavorato per qualche tempo. Ma le testimonianze dei colleghi dell'uomo e la consulenza medico - legale hanno portato al riconoscimento della responsabilita' della Scala che, in quanto datore di lavoro, fanno notare gli avvocati, "avrebbe dovuto proteggere l'integrita' del suo lavoratore secondo i principi della tecnologia piu' avanzata in base all'art. 2087 del codice civile". (AGI)

domenica 9 dicembre 2007

Verso quota mille

La prima pagina dell'Unità di oggi ricorda 55 dei 984 morti sul lavoro quest'anno.